Il fitness che cambia

Simbolo fitness
Autore: 
Davide Venturi
Mercoledì, Maggio 31, 2017
Oggi consumiamo, ci informiamo e comunichiamo con modalità radicalmente nuove rispetto al recente passato. Per sopravvivere e prosperare nel “nuovo mondo”, il settore che ruota intorno a esercizio fisico, benessere e salute si evolve, sperimentando nuovi format e nuove modalità di fruizione dei servizi proposti, creando anche fenomeni di grande portata

Da un po’ di anni a questa parte, il settore dei fitness-wellness club è profondamente cambiato, esattamente come la società in cui viviamo. Oggi consumiamo, ci informiamo e comunichiamo con modalità assolutamente nuove rispetto a 10-15 anni fa, addirittura inimmaginabili in un passato non lontano. Conseguentemente, le nostre esigenze e le nostre aspettative “non sono più quelle di una volta”, per usare un’espressione cara ai meno giovani inclini alla nostalgia. Ciò che ci appariva accettabile, o addirittura gradevole, alla fine degli anni Novanta e all’inizio del nuovo millennio oggi ha il sapore del reperto storico che per i più giovani può addirittura sembrare irreale.

 

Benvenuti nel nuovo mondo

Ken Hughes – uno dei massimi esperti e studiosi, a livello mondiale, dei comportamenti legati al consumo e all’acquisto – intervenendo all’ultima edizione di ForumClub, ha ricordato che oggi viviamo in un mondo mobile la cui iper connettività, ossia la costante connessione al web della stragrande maggioranza della popolazione, ha generato una diffusa domanda di immediatezza. I consumatori di oggi – ha sottolineato l’esperto irlandese – si aspettano tutto subito, a portata di un clic o due, in qualsiasi momento.

David Minton, direttore di “The Leisure Database Company”, società di ricerche di mercato nel vasto settore leisure nel quale rientra il variegato comparto fitness e wellness, non perde occasione per ricordare che le nuove tecnologie hanno consegnato lo scettro del potere agli utenti: «I consumatori non sono mai stati in questa posizione privilegiata – ha detto un po’ di tempo fa in un’intervista rilasciata al Financial Times, il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito – e ciò che abbiamo scoperto è che amano profondamente questo nuovo potere».

Va da sé che una simile “rivoluzione culturale” non ha risparmiato il mondo dell’esercizio fisico e del benessere, modificando significativamente le esigenze degli utenti di oggi, in special modo delle fasce generazionali più giovani, in modo particolare dei Millennial, gli appartenenti alla cosiddetta Generazione Y, composta dai nati tra il 1980 e il 2000. Tutto ciò riguarda le attività proposte, l’ambiente e l’atmosfera che caratterizzano il club e, non meno importante, le sue modalità di fruizione. Oggi una larga percentuale di consumatori di fitness, soprattutto potenziali – appartenenti alla grande fetta di popolazione che, ahinoi, non frequenta una palestra – non è più disposta a sottoscrivere un abbonamento annuale e semestrale, in molti casi neppure trimestrale o mensile.

 

Utente web

 

Flessibilità, libertà e trasparenza: le nuove parole d’ordine

Per allargare le proprie porte, gli operatori di club devono necessariamente assecondare la sempre più diffusa domanda di flessibilità, libertà e trasparenza, accettando le “nuove regole del gioco”, dettate in tutti i settori dalla rivoluzione di Internet, in quello del fitness e del wellness dalla comparsa dei centri low cost – risalente alla fine degli anni Novanta – e ora dalla sempre maggiore diffusione delle cosiddette boutique del fitness (nella foto in basso uno studio della catena statunitesne SoulCycle). Queste strutture specializzate – in genere in una sola attività come, ad esempio, l’indoor cycling, l’allenamento funzionale o il personal training – e di piccolissime dimensioni, sono già numerose negli Stati Uniti (se ne stimano oltre 100mila) e in rapida espansione anche in Europa. In Gran Bretagna, il mercato più maturo ed evoluto del Vecchio Continente, il cui tasso di penetrazione ha superato il 14%, la domanda di opzioni a basso costo è cresciuta significativamente, come dimostrato dalla grande diffusione dei club low cost, protagonisti della prima “onda anomala” che ha spazzato via molte certezze del passato. Oggi, nel Regno Unito, le palestre caratterizzate dai prezzi stracciati e da un orario di apertura prolungato, che arriva anche alle 24 ore su 24, costituiscono il 12% del totale, generano il 13% del valore del mercato e servono il 32% dei cittadini britannici iscritti a un club. Anche la domanda di attività specifiche, coinvolgenti ed efficaci, svolte in “templi” dedicati, ha generato un trend che non può più essere ignorato e tantomeno sottovalutato, come dimostrato dalla proliferazione delle cosiddette boutique del fitness, note anche come studio e micro gym. Due modelli di business che sfidano il modello classico attuato dai club “generalisti”, basato sull’iscrizione a una singola struttura con un contratto di lungo termine, come nel caso, sempre Oltremanica, delle grandi catene Virgin Active e LA Fitness. Secondo un recente studio condotto da Mintel, società specializzata in ricerche di mercato, nel Regno Unito il 32% degli utenti di club preferisce pagare ogni singola sessione d’allenamento anziché sottoscrivere un abbonamento, il 39% preferisce pagare una quota annuale fissa (flat), mentre il 22% vorrebbe pagare solo per i servizi e le attività che utilizza.

 

Boutique SoulCycle

 

la “web revolution”

La diffusione di internet e dei social media consente ai consumatori di reperire informazioni con una facilità infinitamente superiore rispetto al recente passato, e nuove piattaforme web, che fungono da intermediario, connettendo i consumatori con numerosi club. Payasugym, ad esempio, è nata nel 2011 in Gran Bretagna per consentire ai consumatori di fitness di acquistare pass valevoli per una giornata, una settimana o un mese, fruibili in più di 2.500 palestre del Paese che, complessivamente, offrono circa 30.000 corsi e più di 400 piscine (tutti servizi meticolosamente elencati nel sito). Tutto questo senza dover pagare alcuna tassa d’iscrizione e a un prezzo mediamente inferiore del 21% rispetto a quello applicate dai singoli club autonomamente rispetto alla piattaforma. Oggi sono più di 400.000 gli utenti registrati a Payasugym, tra i quali figurano persone che viaggiano molto per lavoro, che non vogliono impegnarsi a lungo termine e che semplicemente voglio “assaggiare” prima di acquistare. Neil Harmsworth e Jamie Ward hanno creato Payasugym basandosi sulla loro esperienza di utenti del fitness, insoddisfatti dalla mancanza di flessibilità e trasparenza della maggior parte degli operatori del settore. «Non siamo affatto contrari all’iscrizione a un singolo club – ha detto Jamie Ward in una recente intervista rilasciata al quotidiano britannico The Guardian – se è ciò che il consumatore vuole. Sappiamo che il 20% degli utenti della nostra piattaforma finiscono per iscriversi a un club, così come che mediamente il 45% degli iscritti a una palestra del Regno Unito abbandonano, generando un grande turnover».

«In un settore che tradizionalmente propone iscrizioni di lunga durata – ha aggiunto nello stesso articolo Michael Oliver, analista di mercato di Mintel – Payasugym risponde alla crescente domanda dipay-per-use” anche nel settore fitness, una tendenza generata dai consumatori stessi, in special modo dai Millennial, che non vogliono essere legati a niente per lungo tempo. È indubbio che la domanda di maggiore flessibilità – ha aggiunto – è in costante crescita. Lo dimostra l’espansione del mercato dell’autoimpiego, generato dalle persone, sempre più numerose, che decidono di mettersi in proprio avviando una piccola attività imprenditoriale, così come la crescente diffusione del telelavoro e del lavoro svolto a casa propria».

 

Qualità servizio

 

Un mercato al bivio

Ray Algar, amministratore delegato di Oxygen Consulting, società di consulenza e ricerche di mercato britannica specializzata nel settore del fitness/wellness/salute, ricorda che fino a poco più di un decennio fa le persone che desideravano stare in forma svolgendo esercizio fisico si iscrivevano, necessariamente, a un centro fitness “tradizionale” (una struttura di dimensioni medie e grandi che propone diverse attività e servizi). «All’inizio del nuovo millennio – spiega Algar – gli operatori di club detenevano un monopolio temporaneo che oggi non esiste più. La comparsa di Facebook, nel 2004, ha cambiato il mondo, segnando anche la fine del controllo pressoché assoluto del mercato dell’esercizio fisico da parte delle palestre tradizionali. Oggi le alternative per mantenersi in forma svolgendo attività motoria sono numerose». Per suffragare questa tesi, il consulente britannico fa un esempio emblematico: quello di Parkrun, realtà internazionale che propone, gratuitamente, corse cronometrate di 5 chilometri svolte nei parchi pubblici il sabato mattina. Un’attività facile e sicura, aperta a tutti, dai neofita del podismo agli atleti di alto profilo, ai bambini (per i quali è prevista una distanza di 3 chilometri). Parkrun è già presente in diversi paesi, tra i quali Italia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Francia, solo per citarne alcuni. «Sono già 1,6 milioni, nel mondo, gli utenti di questa organizzazione senza scopo di lucro – precisa l’esperto britannico –. Milioni di volontari, a titolo gratuito, donano una porzione del loro tempo libero durante il fine settimana per consentire a chiunque di correre all’aria aperta in compagnia di altre persone».

La competizione nel sempre più variegato mercato del fitness è aumentata significativamente e Ray Algar ha un’interessante chiave di lettura anche per leggere l’ormai consolidato fenomeno low cost che, a livello internazionale, ha costretto il settore a cambiare: «I club low cost sono la risposta alla crescente domanda di semplicità da parte degli utenti di un mercato del fitness la cui complessità è via via cresciuta, fino all’eccesso. I consumatori – sottolinea – non scelgono solo il prezzo più basso, ma anche e soprattutto la semplicità del modello proposto da questi operatori, palesata dal listino prezzi, l’orario di apertura e la facilità d’iscrizione e recesso. Questo segmento di mercato, ormai non più nuovo, sfrutta la potenza della semplicità e della standardizzazione, fa poche cose e le fa bene, con trasparenza e coerenza, diversamente dalla maggioranza dei club tradizionali che continuano a proporre un modello complesso, e in molti casi incoerente, sotto diversi punti di vista».

 

Ti è piaciuto questo articolo? È un estratto (appena il 20%) dell’inchiesta, pubblicata in due parti, nei numeri 156 e 157 (in uscita alla fine di giugno) della rivista Il Nuovo Club.

 

 

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