L’evoluzione dei mercati del fitness più maturi

Cartello Futuro
Autore: 
Redazione
Venerdì, Aprile 29, 2016
Un recente studio condotto dal consulente ed esperto britannico Ray Algar analizza l’evoluzione del mercato del fitness negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Germania, mettendo a fuoco tendenze e fenomeni che interessano, o interesseranno, anche l’Italia

I più grandi mercati del settore fitness a livello mondiale, quali Stati Uniti, Regno Unito e Germania, mostrano i seguenti segni di maturità: il numero di fusioni e acquisizioni è in aumento; le “ristrutturazioni” di attività imprenditoriali già in essere si fanno più frequenti; per gli operatori è sempre più difficile crescere in modo organico; la concorrenza si intensifica e, di conseguenza, i prezzi tendono a stabilizzarsi. In Gran Bretagna, ad esempio, negli anni compresi fra il 2010 e il 2014, le tariffe medie nel settore privato sono cresciute a un tasso inferiore allo 0,5% (molto meno del Pil nazionale). Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, l’aumento dell’1,9% registrato nel numero di iscritti non ha tenuto il passo con l’apertura di nuovi centri (5,2%), determinando così un calo del numero medio di soci per singolo club.

La struttura e la composizione del mercato stanno insomma cambiando, e gli operatori sono ovviamente in cerca di nuove idee per differenziarsi rispetto ai concorrenti che, è bene sottolinearlo, non sono più solo gli “altri club”.

 

Concorrenti diretti, sostituti, alternativi

 

Quando si considera l’intensificazione della concorrenza, non va dimenticato che, oltre ai competitor diretti (stessa forma, stessa funzione), ci sono anche i “sostituti” (diversa forma, stessa funzione) e gli “alternativi” (forma e funzione diverse, ma stesso obiettivo generale).

I concorrenti diretti sono ovviamente facili da identificare – basti pensare a Virgin Active e Fitness First nel Regno Unito e a 24 Hour Fitness e Planet Fitness negli Stati Uniti – e rientrano più o meno in tutte le indagini di settore.

Nel caso dei sostituti e delle alternative il discorso si fa più sfumato e complesso: dal momento che la forma adottata da questi operatori può talvolta essere poco “convenzionale”, i marchi più affermati tendono spesso a sottovalutarne le possibilità di successo. È il caso di British Military Fitness: lanciato nel 1999 per conquistare chiunque desideri allenarsi all’aperto in modo “seriamente divertente” (“serious fun”, questo lo slogan adottato), il marchio ha un duplice punto di forza. Da un lato si avvale dell’esperienza di veri militari (il fondatore è il Maggiore Robin Cope), dall’altro non ha bisogno di appoggiarsi ad alcuna infrastruttura perché le lezioni si svolgono nei parchi. Alcuni club avranno forse guardato dall’alto in basso questa idea imprenditoriale, magari non considerandola neppure come un modello realmente concorrenziale. Ma i numeri parlano chiaro: sono stati raggiunti i 56mila partecipanti al mese in 140 parchi del Regno Unito. Forse qualche centro ha perso clienti (o ha chiuso i battenti) senza neppure capire il perché…

Un altro esempio molto interessante è costituito da Zumba, che oggi rivendica di essere il brand del settore di maggior successo nel mondo con 15 milioni di partecipanti e 200mila location in 180 paesi. Il segreto del suo successo risiede probabilmente nella capacità di fondere fitness e divertimento in modo molto efficace. Eppure i rapporti tra Zumba e il settore non sono stati dei più felici: al momento del suo lancio, l’attività fu in generale rifiutata dai club, che si dissero non interessati. L’amministratore delegato Alberto Perlman e il suo staff decisero così di rivolgersi altrove – dalle chiese alle scuole fino ai nightclub – per trovare ospitalità. Oggi che il successo ottenuto è planetario, i ruoli si sono rovesciati: Zumba può fare a meno dei club molto più di quanto questi ultimi possano fare a meno di Zumba.

In generale, il numero dei potenziali sostituti è più ampio di quanto si possa immaginare e va dagli sport club ai personal trainer mobile, dalle app per smartphone al Nordic walking, fino ai servizi digitali forniti direttamente a casa in streaming. In altri termini, le opzioni che si hanno attualmente a disposizione per mantenersi fisicamente attivi sono tantissime e non dovrebbero essere sottovalutate poiché costituiscono, in termini di potenziale concorrenza, una minaccia reale. Quanta attenzione state prestando a questo pericolo?

 

Effetto “affettarore di salame”

 

Un altro aspetto che dovrebbe essere al centro dell’attenzione del gestore del club è l’effetto “salami slicer”, ovvero “affettarore di salame”: con l’affermarsi sul mercato di numerosi operatori di nicchia (si pensi agli studio), il club generalista che riunisce sotto lo stesso tetto molteplici attività rischia di essere “fatto a fettine” – ovvero gradualmente soppiantato – da operatori altamente focalizzati, a meno che non sia in grado di rispondere in modo tempestivo e adeguato alla concorrenza.

L’attenzione dovrebbe essere alta, perché il fenomeno può cominciare come uno stillicidio e diventare rapidamente una valanga. Ipotizziamo che esistano anche soltanto cinque di questi “affettatori di salame” (tra i quali, ad esempio, studi dedicati all’indoor cycle, boot camp all’aperto e centri dedicati allo Zumba) e che ciascuno di essi, nell’arco di un anno, sottragga a un club generalista una percentuale di soci variabile fra l’1,5 e il 2,5%: basandosi sui dati IHRSA sul numero medio di soci per club (1.568) e sul prezzo medio dell’abbonamento mensile (76 dollari), il fatturato che si può perdere in dodici mesi a causa di questo “stillicidio” è di quasi 136mila dollari. Se si considera che si tratta di una stima per difetto, che tiene conto di soli cinque “sostituti” e non considera gli operatori low cost, ci si può potete fare un’idea abbastanza chiara della situazione.

 

Questo brano è un estratto dall’approfondito articolo di Ray Algar pubblicato nel numero 150 della rivista Il Nuovo Club.

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