Che la ripresa economica dipenda anche dalla salute
Vedere atleti che sfidano ogni limite e riscrivono qualsiasi record, cimentandosi in gare destinate a passare alla storia e in prodezze capaci di incantare il mondo intero, è la norma oggi, nella società ipercomunicativa 4.0 dove tutto sembra essere esasperato, elevato e poi diffuso ai massimi livelli. Pensiamo alla maratona di New York, all'avvincente Iron Man, allo stesso Giro d'Italia: gare che sembrano impossibili, a partire dall'allenamento per prepararle fino alla prova stessa, dove a competere sono persone che, nella propria specialità, rappresentano il picco della forma fisica umana. Viene però da chiedersi: c'è un limite alla resistenza umana? Questo è il quesito da cui è partito un team di ricercatori della Duke University, autore di uno studio sui livelli di consumo dell’energia nel corso di alcune delle più ardue prove sportive a livello internazionale, per individuare e misurare il limite della resistenza umana. Un limite, spiegano i ricercatori, che esiste eccome, e non è legato al tipo di attività fisica: è un limite metabolico.
Quando si tratta di attività fisiche che durano giorni, settimane o anche mesi, i ricercatori hanno scoperto che gli esseri umani possono bruciare una quantità di calorie superiore di 2,5 volte il loro tasso metabolico basale, cioè il consumo energetico di un soggetto a riposo. E questo limite è invalicabile: "In pratica – spiega Herman Pontzer, coautore dello studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, e professore associato di antropologia evolutiva alla Duke University – definisce l’ambito di ciò che è possibile per gli esseri umani”.
Oltre questa soglia, secondo i ricercatori il corpo inizia a cedere e a ‘consumare’ i propri stessi tessuti per compensare il deficit calorico. Una spiegazione per questo limite, spiegano i team leader Pontzer e John Speakman della Scotland’s University of Aberdeen and Chinese Academy of Sciences, potrebbe essere determinato dall’intestino e dalla sua capacità di assimilare il cibo: “C’è un limite a quante calorie il nostro intestino può assorbire a giornalmente”.
Lo studio, quindi, ha misurato le calorie bruciate quotidianamente da alcuni atleti che nel 2015 hanno partecipato alla Race Across The Usa, una maratona di circa 5 mila chilometri (suddivisi in 6 maratone a settimana per 5 mesi). E i dati hanno dimostrato una sorta di ‘pattern’ a forma di ‘L’: dalle analisi dei campioni di urina prelevati nel corso della prima all’ultima tappa della competizione sportiva, i ricercatori hanno notato che, partito a un livello elevato, man mano che gareggiavano il dispendio energetico degli atleti è crollato rispetto all’inizio della gara e si è stabilito a un valore di 2,5 volte il loro metabolismo basale, rimanendo costante per il resto della Race Across the Usa. Prendendo a esempio altri tipi di sport di resistenza, i ricercatori hanno notato che il limite degli atleti registrava sempre lo stesso valore, indipendentemente dal fatto che gli atleti trasportassero slitte da 500 chili attraverso l'Antartide per giorni a temperature sotto lo zero o pedalassero il Tour de France in estate. Questa scoperta ha dunque messo in discussione l'idea, avanzata da ricercatori precedenti, secondo cui la resistenza umana è legata alla capacità di regolare la temperatura corporea.
Invece, evidenziano i ricercatori, è emerso dallo studio che uno dei fattori limitanti per la nostra resistenza risiede anche nel processo digestivo, ovvero nella capacità del nostro corpo di elaborare il cibo e assorbire calorie e nutrienti. Come concludono i ricercatori, nessuno finora ha mai superato questo limite. “Penso - ha concluso Pontzer - che questa sia ora una nuova sfida per tutti gli atleti di resistenza”.