Nel settore delle piscine a uso pubblico, l’estate 2018 si è conclusa portando con sé un drammatico carico di incidenti. Si è conclusa tragicamente la storia che ha visto una bambina di soli 13 anni morire per annegamento, dopo essere stata risucchiata da un bocchettone all’interno di una piscina a Sperlonga, in provincia di Latina. A Morlupo, in provincia di Roma, un bambino di 4 anni ha rischiato di affogare dopo essere accidentalmente caduto in acqua, mentre purtroppo non si è salvato il bambino di 7 anni in vacanza con la famiglia ad Orosei, in provincia di Nuoro, risucchiato dal bocchettone della piscina.
Questi incidenti, inevitabilmente, hanno chiamato in causa la giustizia e lo scorso 29 agosto, la Corte di Cassazione, quarta sezione penale, ha decretato che ogni responsabilità deve essere attribuita al gestore. La dichiarazione è stata emessa una volta accertato il caso della bambina deceduta dopo essere rimasta sott’acqua, tra i 3 e i 10 minuti, in una piscina alta 1,60 metri, probabilmente a causa di una congestione che le avrebbe causato un indebolimento permanente delle facoltà di deambulazione e la menomazione delle facoltà cognitivo-mnesiche e comportamentali. Precedentemente, il Tribunale aveva confermato la sentenza di primo grado, sulle scia della pena proposta dal Giudice di Pace (900 euro di multa, oltre al risarcimento dei danni morali e materiali).
Il gestore è stato accusato di negligenza, imperizia e imprudenza in quanto ha deciso di predisporre una sola persona all’assistenza dei bagnanti, priva di divisa riconoscibile, a cui era stata affidata anche la gestione degli ombrelloni e dei lettini, attività che gli ha impedito di assolvere, in modo adeguato, al prioritario compito di assistenza e salvataggio. Pur appellandosi alla condotta della vittima, tuffatasi senza rispettare i tempi di digestione, il gestore ha visto negarsi la possibilità di ricorso: la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di 2.000 euro a titolo di sanzione pecuniaria. In aggiunta, i Giudici di legittimità hanno ribadito che il gestore deve essere garante della sicurezza, eludendo potenziali eventi lesivi. In caso di minori, è senz’altro vero che resta raccomandabile la supervisione genitoriale ma, di fatto, una piscina aperta al pubblico prevede delle norme e una manutenzione a cui ottemperare senza leggerezze.