Coaching mentale per il club

Coaching mentale per il club big
Intervista con Andrea Franceschin, mental coach dell’Udinese Calcio

Andrea Franceschin, psicoterapeuta e psicologo dello sport, nonché firma conosciuta de Il Nuovo Club, è di recente divenuto mental coach della prima squadra dell’Udinese Calcio. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza professionale e di spiegarci come il mental coaching si possa applicare in modo efficace all’azienda club.

Prestazione, comunicazione, leadership, sviluppo personale e professionale. Il mental coach può lavorare sia individualmente sia con un team, ma, in ogni caso, opererà nella direzione della consapevolezza di nuovi aspetti di sé favorendo nel soggetto una diversa/rinnovata visione della realtà. A volte, questa particolare figura professionale svolge una vera e propria azione di sostegno terapeutico attraverso la considerazione di fattori coscienti, e di inclinazioni profonde inconsce che rinviano ai bisogni affettivi di fondo e ai meccanismi di adattamento alla base delle dinamiche personali e del modo di esistere dell’individuo.

Interagisco ergo sum

Andrea Franceschin ci illustra le numerose problematiche che un metal coach deve saper affrontare, alcune rientrano nella sfera personale – ci riferiamo alla motivazione, alla tensione verso il risultato, al gusto della vittoria, alla risposta alla fatica e allo stress –, altre, invece, rientrano in quella manageriale, riferendosi agli aspetti comunicativo-relazionali fondamentali nella gestione del gruppo. «Le due sfere – chiarisce Franceschin – spesso coesistono e si sovrappongono: in fondo, la dimensione comunicativo-relazionale è il terreno su cui cresce quella personale.

Per esempio, un calciatore professionista può manifestare dei disagi e un’attivazione psicofisiologica non adeguata a un impegno agonistico perché non si è comunicato con lui in modo adeguato, riconoscendo i suoi sentimenti e le sue opinioni, ovvero il linguaggio delle emozioni». Nel mondo dello sport si guarda con sempre maggiore attenzione al concetto di “comunicazione” perché una buona prestazione fisica è strettamente connessa ai fattori relazionali che la circondano e, in qualche modo, la creano (basti pensare al calciatore che deve relazionarsi con l’allenatore, la squadra, gli arbitri, il pubblico, i mass media).

«Nel lavoro che ho svolto con la prima squadra dell’Udinese – prosegue Franceschin – ho cercato di valorizzare maggiormente l’incontro tra allenatore e calciatori, consapevole che se l’allenatore osserva e analizza l’esecuzione, l’atleta decodifica e integra i segnali provenienti dal corpo (internal perception) e dall’ambiente (external o environment perception).

La capacità di entrambi di confrontare e unire questi due aspetti dell’interazione porta a un maggior rendimento del calciatore». E il suo rendimento determina il suo valore di mercato.

Migliorarsi è un atto d’amore

Tra i numerosi fattori che incidono sulla preparazione di un atleta o di una squadra, quello fondamentale è senz’altro il fattore umano. L’elemento esclusivo che contraddistingue l’uomo da tutti gli altri esseri viventi è la sua psiche, quell’ insieme complesso di ragione, passione, sentimento e intelligenza. «Il lavoro svolto su atleti di altissimo profilo – puntualizza Franceschin – non è differente da quello che si potrebbe svolgere sull’iscritto del club o sullo staff tecnico di un centro: anche gli atleti di alto profilo si demoralizzano e demotivano. L’attività del cliente di un club dovrebbe essere costantemente monitorata prestando attenzione alla valorizzazione di alcuni aspetti fondamentali:

la completa padronanza del gesto: le sensazioni di potenza, grazia, precisione e controllo di particolari movimenti e abilità tecniche; la sensazione di “riuscire”: nell’eseguire un esercizio, nell’azione sul proprio fisico o nell’eseguire un programma d’allenamento; il piacere che si prova nel dare il meglio di sé, nel costante miglioramento, nel superamento dei propri limiti; la condivisione con gli altri soci della gioia per i risultati raggiunti, il riconoscimento dello sforzo comune, la promozione della cultura del benessere e, in generale, delle attività di coesione del gruppo».

Franceschin invita gli operatori del settore fitness, inoltre, a valorizzare ciò che i soci fanno bene per far maturare in loro la voglia di fare sempre meglio. Come diceva J. Bronowski – poeta e autore teatrale, nonché matematico e biologo del ‘900 – La spinta più forte nell’ascesa dell’uomo è il piacere che egli trae dalle sue stesse abilità. Ama fare ciò che gli riesce bene e desidera fare sempre meglio.

Comunicazione efficace

Il lavoro del personal trainer o dell’istruttore del club si basa su una dinamica fondamentale: l’erogazione di tempo, attenzione e rispetto. «Il coaching, in questo caso – continua Franceschin – consiste nella capacità di costruire un intero ambiente servendosi della comunicazione. Serve a facilitare il processo attraverso cui il cliente inizia a muovere i primi passi verso il raggiungimento degli obiettivi psicofisici desiderati».

Il mental coach può aiutare il professionista a instaurare col cliente una relazione autentica ed efficace, basata sulla capacità di ascolto, sull’empatia e sulla comunicazione. «Tra le peculiarità di una comunicazione che può definirsi efficace – riprende Franceschin –, figurano senz’altro la capacità di fornire delle istruzioni e di correggere gli atteggiamenti sbagliati; invece, è tipico di una comunicazione non efficace la sottolineatura degli errori commessi e l’elaborazione di un giudizio piuttosto che di una valutazione».

Lo staff tecnico, attraverso comportamenti e atteggiamenti, influenza in modo significativo la motivazione delle persone alla pratica sportiva. Infatti, chi esercita un’attività fisica (a prescindere dal fatto che si tratti di un atleta o di un iscritto del club) può essere più o meno motivato al raggiungimento dell’obiettivo che si è prefisso, ma, in ogni caso, il suo successo o il suo fallimento sarà determinato dal suo atteggiamento mentale. E qui entra in gioco il fondamentale ruolo motivazionale ricoperto dal mental coach. Infatti, spiega Franceschin, «il soggetto motivato è in genere orientato al compito da svolgere e attribuisce il successo a fattori stabili e interni (come le capacità personali), e il fallimento a fattori instabili benché controllabili (come lo sforzo profuso). Il soggetto meno motivato, viceversa, giudica se stesso più in termini di risultato finale e attribuisce il successo alla fortuna o alla facilità del compito (fattori esterni incontrollabili) e l’insuccesso a scarsa capacità (attribuzione stabile interna)».

Mental coach per il club

Grazie alle competenze sviluppate nel campo della formazione, il mental coach crea, attraverso un ciclo di incontri, le condizioni più adatte per uno sviluppo autonomo del team e un efficace raggiungimento degli obiettivi.

«Manager di fitness club e centri sportivi – continua Franceschin – possono avvalersi di questa figura per supervisioni di gruppo o incontri one to one finalizzati alla scoperta di nuove possibilità di pensiero, di rivalutazione delle risorse interne, di possibili piani d’azione». Questa figura professionale può essere molto d’aiuto anche per lo staff da seguire e assistere in percorsi esplorativi atti a valorizzare l’ascolto attivo, la riformulazione, la focalizzazione e l’auto-osservazione, abilità fondamentali nella relazione con il socio del club.

Share

LEGGI ANCHE

Il mercato britannico del fitness è in buona salute small

Dall’edizione 2015 di State of the UK Fitness Industry Report, il resoconto dello studio con il quale ogni anno The Leisure Database Company valuta il mercato del fitness del Regno Unito, emerge un quadro incoraggiante.