Il settore del fitness in 100 numeri

Copertina del Nuovo Club n° 100 - Fitness Trend

Ripercorriamo la storia della testata Il Nuovo Club, giunta lo scorso dicembre alla pubblicazione del numero 100, e quella dell'intero settore del fitness e del wellness, attraverso le parole di chi, a diverso titolo, ha collaborato alla sua crescita. E con il saluto augurale del Ministro per le Politiche Giovanili e le Attività sportive, Giovanna Melandri. 

"Ci vogliono energia e passione per essere sempre innovativi. Aggiungerei anche orgoglio, nel senso più positivo del termine". L'esortazione viene da Roberto Maestrami, fondatore e direttore della rivista Il Nuovo Club, di cui lo scorso dicembre è stato pubblicato il numero 100, un traguardo di tutto rispetto che merita di essere festeggiato.

Con i lettori, prima di tutto, che hanno compreso e apprezzato il valore della rivista; con le aziende e gli altri partner, che hanno creduto nella qualità del progetto editoriale e delle iniziative collaterali; con i qualificati esperti, sempre più numerosi, che con il loro contributo hanno permesso a Il Nuovo Club di sviluppare a tutto tondo i temi della gestione e dell'organizzazione di un club.

Di seguito alcuni di loro hanno contribuito con un proprio personale commento, alla luce della propria esperienza e del ruolo ricoperto

Il saluto del Ministro

Il saluto del Ministro per le Politiche Giovanili e le Attività sportive, Giovanna Melandri, con cui si è aperto il numero 100 della rivista Il Nuovo Club (pubblicato a dicembre 2007).

Care amiche e cari amici,

negli ultimi anni è emersa nella società italiana una domanda di sport varia ed articolata. L'attività motoria in breve tempo è diventata un fenomeno sociale diffuso legato ad aspetti qualificanti della vita di ogni cittadino. Il fatto che vi siano oltre 22 milioni di italiani praticanti è il segno tangibile di questo profondo cambiamento negli stili di vita.

Negli ultimi anni, dunque, è ampiamente maturata una sensibilità ed un'attenzione verso la cura del proprio corpo, verso la salute e il benessere che si è tradotta nell'esponenziale crescita del settore del fitness. E proprio la scoperta del benessere rappresenta uno degli aspetti più interessanti delle ultime evoluzioni sociali. In tal senso, il diffuso problema della sedentarietà e dello stress nella società moderna, ha indotto anche le amministrazioni pubbliche a costruire politiche della salute tese a rafforzare la prevenzione e a promuovere stili di vita corretti.

Per questo, vorrei ricordare lo sforzo fatto dal nostro Ministero insieme al Ministero della Salute, che con la firma del Protocollo di Intesa nell'ambito del Programma "Guadagnare Salute", hanno definito iniziative congiunte volte a  favorire comportamenti salutari e hanno promosso la più ampia diffusione dell'attività motoria e della pratica sportiva, nonché la prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare.

Il fitness, dunque, raccoglie un numero notevole di praticanti e offre opportunità di movimento e svago ad un grande numero di cittadini in sintonia con i tempi moderni e con la nuova e crescente domanda di sport. Per questo, rinnovo agli amici del Nuovo Club in occasione dell'uscita del n.100 della rivista,  i miei complimenti.

Un caro saluto

Giovanna Melandri

 

Fitness - passato, presente, futuro

Il fitness è nato verso la fine degli anni '80, da un mix di attività derivanti dal body building e dall'aerobica (termine quest'ultimo coniato da Kenneth Cooper negli anni '60). 

In poco più di 20 anni il fitness italiano ha fatto molta strada. Non si pratica più in strutture collocate nei sottoscala, colme di cultori del body building e di appassionati di aerobica ad alto impatto (che a qualcuno ha procurato non pochi danni alle articolazioni…).

Il settore ha avuto la capacità di creare una grande industria, che a livello europeo è valutata in circa 45miliardi di euro. I praticanti hanno abbandonato il sogno di fare fitness "per essere più belli" e finalmente lo praticano "per migliorare la salute".

Si tratta di un contesto in cui l'Italia fa la sua buona parte, sotto il profilo della produzione industriale di attrezzature, per il numero di praticanti e di strutture. Un mercato che è fortemente frammentato, come è tipico di altri settori, in cui operano migliaia di imprese, da quelle "micro" fino alle grandi catene multinazionali.

Per il fitness nazionale non sono tutte rose senza spine ed alcune ne rallentano il sano sviluppo. La più dolente è che il settore non gode di legittimità istituzionale. Ne derivano diversi problemi, tra cui:

  1. gli istruttori – i soggetti a cui l'utenza affida il proprio corpo e quindi i veri erogatori del servizio – non hanno la possibilità di dimostrare la propria competenza, capacità e qualità professionale. La maggioranza è priva di un'abilitazione "professionale", esercita l'insegnamento come secondo lavoro o, peggio, talvolta per divertimento, in un contesto in cui sono fortemente radicati l'improvvisazione e il lavoro sommerso;

  2. l'assenza di norme uniformi per la tutela dell'utenza e sulla qualità dei servizi erogati ha favorito lo sviluppo di un mercato caotico e autoreferenziale, in cui sono i gestori a valutare le competenze degli istruttori e dove la concorrenza è basata quasi esclusivamente sulla lotta dei prezzi, generando utili non sufficienti per investire in capitale umano. Quale può essere la motivazione di un istruttore di sala macchine a qualificarsi ed aggiornarsi professionalmente quando percepisce la somma di euro 6,50/ora lordi?

  3. l'improprio utilizzo di alcune norme determina ulteriore criticità. Queste consentono ad aziende operanti nell'ambito dei servizi alla persona, che fanno investimenti nell'ordine di alcune centinaia di migliaia di euro, di camuffare attività squisitamente imprenditoriali, sotto le vesti di società/associazioni sportive dilettantistiche, beneficiando così di un diverso trattamento fiscale  e di agevolazioni nella gestione delle risorse umane. Questione problematica anche sotto il profilo della garanzia del libero mercato per tutti gli operatori;

  4. la natura italiana porta ad uno spiccato protagonismo, che non favorisce la cooperazione fra soggetti aventi interessi comuni, necessaria per rivendicare con voce univoca ciò che legittimamente il settore potrebbe chiedere ai propri governanti ed amministratori.

Si evince che il mercato del fitness non gode di ottima salute, si barcamena come può per sopravvivere, e non intuisce ciò che la storia insegna: le regole prima o poi arrivano, particolarmente quando si tratta della sicurezza e della salute del cittadino, e, se non si è adeguatamente strutturati, queste possono essere dolorose.

Il fitness nazionale, per crescere e consolidarsi, deve acquisire legittimità e stringere alleanze strategiche, prima fra tutte con il mondo della salute.

Ma gli operatori della salute chiedono innanzitutto che gli istruttori possiedano professionalità certificata, strutturata su solide basi culturali e sul possesso di precise conoscenze, competenze e capacità operative.

Tutti elementi imprescindibili, che costituiscono il cardine di qualsiasi processo di certificazione di qualità, ulteriore strumento indispensabile per garantire all'utenza la sicurezza e l'efficacia dei servizi del fitness. Tali requisiti devono rispettare il quadro di riferimento europeo in materia di qualificazione professionale e di standard di qualità dei centri fitness.

L'implementazione del RIPAF, Registro Professionisti AttivitàMotorie e Fitness, processo avviato presso il CNEL nel Luglio 2006, da un Tavolo Interministeriale che concluderà i lavori nel Maggio 2008, consentirà a tutti gli istruttori, in possesso dei necessari requisiti, di fare richiesta d'iscrizione, entrando così automaticamente nell'EREP, European Register of Exercise Professionals.

Il processo di normazione si baserà sugli schemi professionali elaborati dall'ISFOL, ente di diritto pubblico ed organo tecnico scientifico del Ministero del Lavoro, pubblicati a fine 2006,  nel Manuale per gli operatori, Area occupazionale "Servizi alla persona".

Questa pubblicazione contiene le schede tecniche del "Maestro di fitness" e del "Manager dei centri benessere e centri fitness", che ne forniscono la definizione, elencando quali siano i relativi compiti, le principali attività, le competenze ed i necessari percorsi formativi.

Tutto ciò favorirà l'evoluzione e la riconversione del mercato del lavoro, iniziando con un processo di sanatoria, per consentire a tutti coloro che insegnano di raggiungere lo standard minimo di professionalità richiesto, facilitando altresì l'emersione del lavoro sommerso e il graduale inserimento di operatori maggiormente qualificati e competenti, che, con una più equa retribuzione e maggiore stabilità d'impiego, potranno aggiornarsi professionalmente.

È giunto il tempo di capire che le norme non sono sempre un ostacolo da dover aggirare in ogni modo, bensì possono costituire un utile strumento di lavoro ed offrire nuove opportunità, per competere in termini di qualità dei servizi e facilitare gli operatori a strutturarsi, siano essi imprenditori o istruttori.

Nerio Alessandri

Dal 1989 ad oggi l'approccio all'attività fisica è totalmente cambiato, abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione. Venti anni fa si parlava solo di fitness, le palestre erano territorio di pochi appassionati e l'attività fisica era percepita con finalità prettamente estetiche.

In questo scenario Technogym ha inventato il Wellness, scommettendo su un concetto completamente nuovo. Oggi possiamo dire di avere vinto questa scommessa: le istituzioni ed i governi sono sempre più attenti alle politiche che riguardano il benessere e la salute della popolazione attraverso l'attività fisica; gli operatori di settore sono sempre più orientati ad offrire servizi e soluzioni in linea con le esigenze di diversi segmenti di popolazione; le persone sono sempre più consapevoli dei benefici dell'attività fisica per migliorare il proprio stile di vita.

Sergio Bizzarro

Un progetto per il fitness

Ricordo che, intervenendo recentemente ad un convegno, il moderatore mi ha presentato come

"la memoria storica della progettazione del wellness in Italia". Se, da un lato, questo mi ha impietosamente ricordato quanto tempo sia passato dagli esordi della mia attività, dall'altro tale riconoscimento mi ha riempito di orgoglio e legittima soddisfazione perché credo che il mio contributo alla crescita del settore, nell'ambito delle mie competenze, sia stato riconosciuto.

Questa nuova ricorrenza, il numero 100 de "Il nuovo Club ", mi riporta al passato, quando giovane architetto, cominciai dopo pochi anni, a collaborare con i fratelli Maestrami alla rivista, curando, lo ricordo ancora, una serie di articoli che tracciavano, per la prima volta in Italia, gli indirizzi di riferimento per una corretta progettazione dei centri fitness.

Erano altri tempi, il wellness doveva ancora arrivare, il body building era già in fase calante e cresceva impetuoso il mondo del fitness. Viaggiavo molto e non dimenticavo mai, ovunque fossi, di visitare i più bei centri dei paesi in cui mi trovavo. Ricordo ancora lo stupore e l'ammirazione per i grandi centri americani ed inglesi e quelle visite facevano crescere in me la voglia di trasferire in Italia concetti, riferimenti ed intuizioni che allora, in Italia, erano ancora sconosciuti.

A quell'epoca (sono passati solo vent'anni ma per il nostro mondo sono equiparabili ad un secolo) si costruivano ancora "palestre", gli investimenti erano ridotti al minimo, e le cantine e i garage erano le location in cui si doveva intervenire...

Era arduo fare comprendere molti concetti; il confronto con i gestori era spesso demotivante ma lottavo, portando avanti quei principi in cui credevo e che "parlavano" di centri luminosi, dotati di servizi allora sconosciuti, impianti efficienti, colori nuovi, comodità per i clienti, versatilità degli spazi...

Se sfogliamo idealmente questi 100 numeri della rivista troveremo, numero dopo numero, l'evoluzione di un mondo che oggi ci propone finalmente i Wellness Club, strutture confortevoli, accattivanti e funzionali. Credo che questo risultato sia anche il frutto gratificante di tanto lavoro svolto da tutti quelli che, a qualunque titolo, hanno contribuito alla crescita del "Il Nuovo Club", una rivista che, anno dopo anno, ha contribuito a diffondere fra gli operatori un concetto di qualità e professionalità che finalmente è diventato il "comune sentire" di tutti gli addetti di questo settore.

Roberto Coda Zabetta

Un visionario di fronte al passato

1989, anno incredibile per chi come me si occupa di fitness e, in particolare, di attività di gruppo. In ordine casuale, ecco di seguito gli eventi salienti: viene inventato lo Step; un certo Johnny G. (alias Johnny Goldberg) inventa lo Spinning® e incomincia ad insegnarlo nel centro Voight Fitness and Dance Center, sul "mitico" Cienega Boulevard a Los Angeles; in anteprima viene presentata la prima classe di Pump,  poi viene coniato il marchio BodyPump®; a Rimini viene organizzato il primo Festival del Fitness; durante il Festival si tengono le prime vere gare nazionali di aerobica e vince tutto il possibile il gruppo dei fantastici torinesi (Cristina, Orizzonte e Masotti).

Può bastare?

Pochi possono vantare di essere stati protagonisti fin da allora, ma molti meno ricordano questi avvenimenti o ne conoscono l'esistenza. L'entusiasmo di quei tempi non c'è più e purtroppo tutto il nostro ambiente ne paga un po' le conseguenze, appiattendo tutto sotto una coltre di disincantato pessimismo.

Chi può faccia qualche passo indietro nella memoria e chi invece non c'era si documenti; i vecchi tempi non torneranno, ma almeno sapremo da dove siamo nati e quale sarà la nostra vera strada...

Guido Martinelli

100 numeri tra fitness e sport

(e i problemi restano)

La rivista Il Nuovo Club ha accompagnato lungo gli anni '90 e i primi di questo nuovo secolo l'evoluzione del settore del fitness e dell'offerta di attività motorie. Cento numeri, però, per me significano anche "almeno" altrettanti contributi pubblicati sulla rivista.

Un'attenzione costante ad un fenomeno che, oggi, ha assunto dimensioni economiche e sociali che, all'epoca, solo la lungimiranza di alcuni operatori riusciva ad intravedere.

Il punto di partenza si ritrova in un dato da molti sottovalutato: l'insufficienza dell'offerta di servizi sportivi da parte del "mondo sportivo ufficiale", il non avere compreso che la popolazione iniziava a sentire la necessità di associare il movimento al mero benessere, allo star bene e non necessariamente alla competizione e all'agonismo.

Questo ha prodotto una domanda nuova di servizi sportivi diversa da quella fino ad allora proposta dalle associazioni e società sportive. Una domanda che non era più solo quella di apprendere le nozioni per praticare una specifica disciplina sportiva, ma che, dopo una prima fase adolescenziale e preadolescenziale in cui si voleva "imparare uno sport", chiedeva che fosse garantito il "movimento", le "scienze motorie", lo "star bene".

Ecco che la prima generazione di operatori del settore si formò, appunto, tra gli "sportivi" ossia tra coloro i quali, frequentando gli impianti sportivi, si resero per primi conto della necessità (o, se si preferisce, dell'opportunità) di realizzare impianti privati, in una prima fase anche di piccole dimensioni, all'interno dei quali "offrire" tali tipi di servizi.

A leggere i contenuti degli articoli dell'area giuridico-amministrativa apparsi in questi primi cento numeri ci si rende conto che il settore sconta ancora il "peccato originale" di essere nato come esigenza della popolazione più che come programmazione da parte dello Stato.

· La prima difficoltà si continua ad incontrarla già in fase di progettazione della "palestra".

Dovrà/potrà essere collocata solo in un'area sportiva, in una commerciale o in una artigianale/industriale? O in tutte? Se provaste a rivolgere questa domanda a più persone vi trovereste sicuramente di fronte a risposte divergenti ma tutte ben motivate. Non vi è dubbio, infatti, che nella maggior parte dei centri di fitness si faccia sport (area sportiva); si forniscano servizi alla persona (saune, solarium, area estetica, ecc. – area artigianato di servizi/industria); si vendano prodotti (abbigliamento, integratori, cibi e bevande – area commerciale).

A volte diventa anche difficile stabilire se una attività sia prevalente sull'altra. Ciò produce una delle più nefaste conseguenze del cosiddetto "federalismo" ossia che ogni amministrazione pubblica, sulla base delle proprie convinzioni, si comporti in maniera difforme da quella vicina e, comunque, in modo da impedire una corretta programmazione dei costi di start up da parte del nuovo imprenditore che si avvicini al settore.

· La seconda continua ad essere il solito problema con il quale ho ormai lungamente annoiato i miei "venti lettori". Se il fitness fosse ancora sport o prevalentemente sport potranno trovare applicazione le normative destinate alla pratica sportiva dilettantistica senza scopo di lucro?

Sul tema ormai credo di aver già detto tutto quanto si possa dire. Non voglio stare qui a ripetermi. Debbo, però, fare una piccola parziale autocritica: si deve constatare come un sempre maggior numero di associazioni sportive "storiche" (nel campo del tennis, del golf, del nuoto, ecc.) stiano o abbiano aperto un "settore fitness".

Queste, non vi è dubbio che possano e debbano fregiarsi a pieno titolo della qualifica di associazioni sportive dilettantistiche.

Pur volendo, pertanto, al momento trascurare il problema di quelle che utilizzano strumentalmente la fattispecie in esame, ne deriva comunque il solito problema più volte evidenziato: sullo stesso mercato operano soggetti che applicano legittimamente, regole diverse, nell'un caso di estremo favore rispetto a quelle applicate dagli altri. È legittima concorrenza?

Questo problema sta emergendo anche nella legislazione regionale, che sta accentuando tali differenze: nessuna regola per le associazioni sportive; limiti urbanistici, di qualificazione delle risorse umane utilizzate, assicurativi per le imprese profit del settore motorio.

Nel garantirvi che, fino a quando l'Editore avrà la pazienza di ospitare i miei contributi, continuerò a seguire con la consueta attenzione l'evoluzione normativa del settore, rimango fiducioso che si giunga, prima o poi, a una disciplina quadro che dia certezze (questa è l'unica cosa che credo abbia diritto di pretendere l'operatore del settore) normative al settore del fitness; debbo ora ringraziare quanti avranno avuto la pazienza di seguirmi lungo tutti questi anni.

Da tutti ho imparato qualcosa, la mia esperienza nasce proprio dal confronto quotidiano con ognuno di voi lettori.

Rudy Panatta

L'evoluzione del fitness

Nel mondo del fitness sono avvenuti profondi cambiamenti per quanto riguarda motivazione, finalità, servizi e professionalità. Dall'inizio degli anni ‘80, quando è nata la Panatta Sport, ad oggi, il modo di svolgere attività fisica è cambiato radicalmente: allora, palestra era sinonimo di body building; oggi, si frequenta la palestra per aumentare e mantenere l'efficienza fisica, socializzare e divertirsi, in una frase "per migliorare la qualità della vita".

L'aumento della sedentarietà ha incrementato le spiacevoli conseguenze derivate dalla mancanza di movimento: aumento di peso, dolori articolari, patologie cardiovascolari e una serie di inestetismi che, in una società in cui l'aspetto esteriore ha sempre più importanza, rappresentano oggi una delle prime ragioni per cui si va in palestra. Il mercato del fitness si è quindi adeguato rispondendo a queste nuove esigenze con offerte mirate e differenziate.

Dopo l'avvento della ginnastica aerobica, che ha avvicinato alle palestre molte persone, sono nate tantissime nuove attività. Oggi si può scegliere tra attività toniche, coordinative e abbinate alla meditazione. Interpretando le esigenze del mercato, negli anni la Panatta Sport ha progettato innumerevoli linee di prodotto: accanto alle tradizionali macchine isotoniche, sono comparse le macchine cardio fitness e le bike per l'indoor cycling.

L'innato orientamento ai bisogni dei propri clienti unito all'altissimo grado di innovazione, ricerca e sviluppo hanno permesso, inoltre, di ideare progetti unici a livello internazionale, come Kid System, Oasis e Strobobike.

Anche le palestre, prima organizzate in scantinati o piccoli spazi improvvisati dove bastava mettere qualche panca, dei bilancieri e qualche peso, si sono ingrandite sino a diventare scintillanti centri fitness e benessere, dotati di aree di ritrovo, bar e ristoranti, luoghi per il relax psico-fisico, saune, bagni turchi ecc. e naturalmente sale attrezzate con strumenti sempre più sofisticati e ricercati nel design e curati nei minimi dettagli.

Panatta Sport, dagli inizi ad oggi, ha evoluto notevolmente il proprio approccio "estetico", passando da uno stile semplice e molto essenziale ad una ricercatezza sempre maggiore senza mai rinunciare all'innovazione tecnologica. E' cresciuta nel tempo la cura per il dettaglio e il design, in relazione ai nuovi trend che puntano a rendere l'arredamento del centro fitness e la componente estetica punti di forza che orientano il fruitore nelle sue scelte.

Giuseppe Ricci

In quasi 20 anni il settore è cresciuto sia in qualità che in quantità, con una visibilità e notorietà sempre più consistenti. Tuttavia non si è verificato quello che è successo in altri settori: la creazione di un modello italiano del Fitness and Wellness, con valori e identità ben definite. Il paradosso è che lo stile italiano vince nel mondo ed è esportato con grande successo ovunque; nel Fitness and Wellness, al contrario, si sono importati modelli gestionali e stili che non ci appartengono.

Che cosa non va nel modello imperante? Semplice: la forte ossessione per le vendite, la scarsa attenzione alla qualità del prodotto e del servizio, con proposte commerciali aggressive che cercano di vincolare i clienti con contratti a lungo termine, le promozioni perenni (un po' come succede da qualche anno nei supermercati), l'inefficace attenzione al post vendita.

Questi e forse anche altri i guai di un modello di marketing "scaricato" dall'estero, falsamente interpretato da molti consulenti improvvisati e da gestori con una visione di breve periodo. L'abbandono dei clienti è precoce, il tasso di fedeltà mediamente basso, la capacità tecnico-didattica di offrire un servizio in linea con le aspettative è modesta.

I danni del marketing aggressivo, dell'orientamento alla vendita (effetto pusch) e della corsa conseguente al ribasso dei prezzi sono ormai evidenti. Si è creata l'illusione che il marketing possa sostituire un buon prodotto, un buon insegnante e un servizio "su misura". Se si mette piede in una palestra per avere informazioni sulle tariffe, quasi mai si ottiene una risposta.

Di solito si viene chiusi in una gabbia di vetro (un ufficio di un metro quadrato), con un'avvenente "consulente di fitness", che ci consiglia immancabilmente di sottoscrivere un abbonamento almeno annuale, meglio ancora se a vita, con il Club; naturalmente per la nostra salute e per il nostro bene, approfittando delle offerte straordinarie proposte ovviamente solo in quel momento. Se poi non si decide subito – e si sono lasciati i propri dati – come minimo si viene tormentati al telefono per sapere "allora cosa ha deciso?".

Tecniche di vendita, superamento delle obiezioni, promozioni "personalizzate", telemarketing, tutti strumenti sorpassati e che non appartengono alla nostra cultura. L'innovazione di prodotto e di processo è spesso poco presente; i Club sono tutti uguali e tutti fanno le stesse cose in una logica che tende ad omologare e appiattire l'offerta.

Cosa fare allora? Puntare sull'innovazione e sul valore sapendo che i prezzi, ad esempio, sono una variabile (non l'unica) nella decisione d'acquisto; la concorrenza non si batte con la leva prezzo. Bisogna concentrasi sul cliente per fargli risparmiare tempo e disagi, semplificando tutto il possibile, con velocità e varietà di servizi.

Serve un nuovo modo di rapportarsi con il cliente e innovare fortemente il servizio rendendo un po' migliore la marca (il proprio brand) rispetto alle altre (la concorrenza). Per fare questo l'esperienza che il cliente sperimenta con il Club deve diventare irresistibile.

Il risultato più importante dell'esperienza di consumo non è tanto la semplice soddisfazione quanto l'emozione suscitata nel cliente. L'esperienza con un brand deve essere olistica: emotivamente e sensorialmente gratificante e coinvolgente. L'innovazione di processo è l'esperienza che il cliente vive nel Club; e questo significa concentrarsi sul "cosa promettiamo" e sul "cosa facciamo" nei tre momenti dell'esperienza: il prima, il durante, il dopo.

È necessario rovesciare l'attuale visione del marketing e delle vendite e tornare a pensare al prodotto che deve essere "semplicemente" migliore degli altri. Back to basic, ritorno ai fondamentali. Basta trattare i clienti come dei bambini, da affascinare con un gioco di parole mirabolanti e con promesse fantasmagoriche, che spesso non vengono mantenute.

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