Stati Uniti del fitness: un settore in salute

Stati Uniti del fitness: un settore in salute big
L'ultima edizione di Profiles of Success, l'annuale rapporto dell'IHRSA sugli studi condotti per valutare lo stato di salute del settore composto da fitness club/centri sportivi negli Stati Uniti e in parte a livello internazionale, fornisce un quadro incoraggiante, ricco di dati e indicatori molto interessanti, in chiave benchmarking, anche per gli operatori italiani

La trentaduesima edizione di Profiles of Success – il resoconto con il quale l’IHRSA (International Health, Racquet & Sportsclub Association) diffonde e analizza i risultati del sondaggio commissionato alla società di ricerche di mercato Industry Insights per verificare, negli Stati Uniti e parzialmente a livello internazionale, lo stato di salute del settore costituito dai fitness/wellness club – fotografa uno scenario complessivamente incoraggiante. Lo studio ha sondato, nel mese di aprile 2013, un campione composto da 97 aziende rappresentanti 2.884 club, il 56% dei quali centri polivalenti e il restante club “solo fitness”. Il rapporto contiene inoltre la sintesi di altri approfonditi studi condotti dall’Associazione di Boston – tra i quali, solo per citarne due, IHRSA Index e Global 25 – che riportano i risultati conseguiti, a livello mondiale, dai club nel corso del 2012 e all’inizio del 2013, con interessanti previsioni per gli sviluppi che probabilmente si osserveranno nel corso del 2014

Segnali positivi

Negli Stati Uniti, nel corso di tutto il 2012 e nei primi mesi del 2013, gli operatori di club hanno conseguito risultati positivi dal punto di vista economico, registrando, rispetto al 2011, un incremento del 2% delle entrate complessive, passate dai 21,4 miliardi di dollari del 2011 ai 21,8 miliardi del 2012. Anche il numero di club è cresciuto del 2%, passando da 29.960 a 30.500, mentre il numero di iscritti è complessivamente diminuito, sempre del 2%, per un totale di 50,2 milioni di soci, ma tale decremento non ha penalizzato gli introiti che, come appena visto, sono aumentati.
Il sondaggio IHRSA Index, relativo ai 18 operatori leader del mercato statunitense, ovvero 538 realtà tra centri polivalenti e fitness club, ha rilevato, in riferimento al 2012, miglioramenti rispetto all’anno precedente per tutti gli indicatori di performance. Il fatturato complessivo è cresciuto addirittura dell’8,1% ed è interessante notare che le entrate generate dall’abbonamento sono aumentate del 6,7% e che quelle derivanti dai servizi in esso non compresi addirittura del 9,6%.
Mediamente il tasso di abbandono registrato dai club ruota, come risaputo, intorno al 40 e 50%, ma il campione oggetto del sondaggio si è distinto dalla media riuscendo a fidelizzare ben il 70% della propria clientela in un momento così difficile, dimostrando di essere in grado di instaurare un rapporto simbiotico con i soci.

Profilo degli iscritti

Nel 2012, gli iscritti a un club statunitense avevano un’età media pari a 38 anni, erano in lievissima maggioranza (51%) di sesso femminile e in media hanno frequentato il proprio club 99 volte nel corso dell’anno (-3,4% rispetto al 2011). Più di un terzo del “popolo del fitness” d’Oltreoceano (18,4 milioni) apparteneva alla fascia d’età 18-34 anni. La seconda fascia anagrafica più nutrita era quella composta da individui di età compresa tra 35 e 54 anni (17,3 milioni, 34% del totale), mentre gli over 55 rappresentavano il 19% (9,3 milioni) e gli under 18 l’11% (5,3 milioni). Quest’ultima fetta di utenza, la più giovane, è cresciuta sensibilmente dal 2011 al 2012, passando da 4,8 a 5,3 milioni di individui.
Dagli studi compiuti è emerso che le preferenze degli iscritti ai club statunitensi circa le attività stanno cambiando, anche grazie a un’offerta sempre più vasta e variegata. La popolarità di boxe, yoga, Pilates, indoor cycling, barre (l’attività vigorosa basata sugli esercizi del ballo svolti con l’apposita sbarra, ndr), boot camp, CrossFit e personal training sono in costante crescita.
Per quanto concerne le ragioni per le quali i soci hanno abbandonato il proprio club, o non si sono iscritti, la motivazione più diffusa è stata di natura economica, ossia il costo ritenuto eccessivo. Un dato che fa riflettere e che evidenzia la percezione del valore da parte della domanda. Gli operatori dovrebbero conoscere in modo più approfondito le persone che frequentano i loro club, o che sono interessate a farlo, e magari offrire loro più opzioni di adesione, stratificando la propria offerta. Potrebbero, ad esempio, proporre prezzi vantaggiosi per le coppie, anche non sposate e, più in generale, diventare il più inclusivi possibile, non escludendo nessun potenziale cliente, tenendo in considerazione le esigenze di tutti, anche dal punto di vista della capacità di spesa.

I maggiori operatori in ambito internazionale

l 2012 è stato, come già detto, un anno prospero per i centri fitness tradizionali. Nonostante il leggero calo del numero di iscritti, gli introiti sono cresciuti grazie soprattutto ai servizi venduti extra abbonamento. I leader del mercato statunitense sono stati LA Fitness International per il numero di club (568), 24 Hour Fitness USA per numero di soci (3.800.000) e Life Time Fitness per il fatturato (1.127.000.000 dollari, sì, avete letto bene, più di un miliardo). Oggi AnyTime Fitness, la catena statunitense di club aperti 24 ore su 24, conta qualcosa come 1.985 club in Nord America e 521 in altri paesi e più di 2 milioni di iscritti.
Allargando il campo di osservazione al di fuori degli Stati Uniti, Virgin Active contava 269 club, 1.296.463 soci e un fatturato pari a 1.037.000.000 dollari, seguita da Fitness First con 405 club, 1.072.900 soci e 950.000.000 dollari di entrate. La catena di club low cost tedesca McFit contava 170 club, 1.200.000 iscritti che hanno generato un fatturato pari a 313.000.000 milioni di dollari.

La questione prezzo

Calcolando il valore medio, il campione di club sondato ha applicato una tassa di iscrizione pari a 75 dollari e l’abbonamento al prezzo mensile di 60 dollari, mentre i soci hanno mediamente generato, nel corso del 2012, un introito pari a 720 dollari, sostanzialmente la stessa cifra del 2011 (729).
Gli operatori che hanno proposto l’abbonamento a un prezzo non superiore ai 40 dollari hanno registrato una crescita maggiore – in termini di soci acquisiti e introiti – rispetto ai club più cari. Nello specifico, hanno visto crescere il numero di iscritti dell’8,2% (contro il 3% registrato dai club che hanno venduto l’abbonamento a una cifra mensile compresa tra 41 e 69 dollari e il 2,6% registrato dai club che “si sono venduti” ad almeno 70 dollari al mese). Va inoltre sottolineato che il segmento low cost ha fatto peggio di tutti dal punto di vista della fidelizzazione, con un tasso medio pari al 50%. Non è una novità che i budget club concentrino le loro energie sulla vendita a discapito di iniziative atte a favorire la fedeltà, l’integrazione e la motivazione degli iscritti.
I club che si collocano nella fascia media del mercato, ossia che hanno proposto il proprio abbonamento a una cifra mensile compresa tra 41 e 69 dollari, nel 2012 hanno registrato utili (EBITDA) pari al 20,4% del fatturato e circa il 25 per cento di questo profitto è stato generato dalla vendita di servizi e prodotti extra abbonamento. È interessante notare che questi operatori hanno registrato la crescita del fatturato più bassa, superati dai due segmenti collocati ai due estremi del mercato, ovvero i club low cost e i cosiddetti premium club. Mediamente, ogni iscritto a un club appartenente al segmento centrale del mercato ha generato un introito annuale pari a 560 dollari e l’acquisizione di ogni nuovo socio è costata al club 68,54 dollari (in spese di gestione del reparto vendite e di marketing).
Dall’analisi dei modelli di listino applicati è emerso che l’offerta di un ampio ventaglio di prezzi associati a diversi pacchetti di servizi/attività e modalità di fruizione del club ha consentito ai consumatori di trovare la cifra e il “prodotto” che faceva realmente al caso loro. In tempi economicamente difficili come quelli che stiamo vivendo, i club dovrebbero offrire abbonamenti orientati al valore, senza sacrificare la qualità.
Si è inoltre osservato che al crescere delle dimensioni del club corrisponde un incremento dei prezzi, una relazione spiegabile con il fatto che le strutture più ampie sono in grado di offrire un maggior numero di attività e servizi ai quali i consumatori possono accedere pagando. Il prezzo che i club di maggiori dimensioni hanno applicato alla tassa d’iscrizione e all’abbonamento mensile è stato addirittura doppio rispetto a quello applicato dai club più piccoli. Nel corso del 2012 quasi il 40% degli iscritti ha sottoscritto un abbonamento rinnovabile di mese in mese, mentre il 32% ha optato per l’adesione annuale che, alla scadenza, si è automaticamente trasformata in abbonamento rinnovabile su base mensile. Circa il 40% dei soci con abbonamento annuale ha rinnovato la propria fiducia al club.

La versione integrale del resoconto (7 pagine) è stata pubblicata nel numero 139 (maggio-giugno 2014) della rivista Il Nuovo Club.

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