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Il 27 gennaio il Comitato Olimpico Nazionale Italiano potrebbe subire una sospensione temporanea dal Comitato olimpico internazionale se, entro tale data, il governo non avrà risolto l’annosa questione della riforma del settore sportivo, sospesa da tempo.
Il primo effetto di un simile provvedimento lo si riscontrerebbe sulla partecipazione dell’Italia alle Olimpiadi di Tokyo 2020, in programma il prossimo luglio: i nostri atleti non gareggerebbero sotto l’egida della bandiera italiana, non verrebbero celebrati con l’inno di Mameli in caso di vittoria, indosserebbero divise neutre, prive della scritta “Italia” e le medaglie vinte rientrerebbero nel serbatoio IOA, ovvero quello degli “Independent Olympic Athletes”. Inoltre, potrebbero partecipare alle gare solo gli atleti italiani qualificatisi a titolo individuale, escludendo squadre, dirigenti e giornalisti, ,che non potrebbero presenziare all’evento.
Il motivo di tutto ciò va ricercato nella mancanza di autonomia del Coni, svuotato delle proprie competenze dalla legge attuale che, dunque, viola la Carta Olimpica, in particolar modo l’articolo 27, il cui capitolo 6 recita che “i Comitati olimpici nazionali devono preservare la propria autonomia e resistere a pressioni di qualsiasi tipo, incluse quelle politiche, giuridiche, religiose o economiche”.
