Greenwashing, il finto ambientalismo che inganna i consumatori

Sostenibilità ambientale
Autore: 
A cura della Redazione
Lunedì, Aprile 19, 2021
Molte aziende comunicano un'attenzione e una sensibilità verso l'ambiente e la sostenibilità che non ha un riscontro nella loro condotta. Un fenomeno diffuso che merita attenzione e che va contrastato.

Anche in Italia l'interesse e la sensibilità nei confronti dell'ambiente e della sostenibilità, dunque verso prodotti e aziende sostenibili, sono cresciuti notevolmente nell'ultimo decennio. Dallo studio condotto lo scorso marzo da Swg per Bluenergy Group è emerso che il 77% degli intervistati ha un forte interesse per la tutela e l'impegno personale verso l'ecosistema, percentuale che tra i laureati raggiunge l'84%.

La preoccupazione per la questione ambientale è addirittura superiore a quella per la situazione economica: il 54% del campione sondato ritiene il miglioramento delle condizioni ambientali più importante della crescita dell'occupazione.

Naturalmente questa “riscoperta” della sostenibilità ambientale non è passata inosservata ed è stata sfruttata anche in chiave commerciale, ma non sempre in modo corretto, dando vita al fenomeno definito “greenwashing”, neologismo con il quale si fa riferimento a una "strategia di comunicazione volta a sostenere e valorizzare la reputazione ambientale dell'impresa mediante un uso disinvolto di richiami all'ambiente nella comunicazione istituzionale e di prodotto, non supportato da risultati reali e credibili sul fronte del miglioramento dei processi produttivi adottati o dei prodotti realizzati" (fonte glossariomarketing.it).

Ci sono ad esempio aziende che si dicono attente all'ambiente e alla sostenibilità semplicemente perché hanno eliminato i bicchieri di plastica per i caffè consumati in ufficio, altre perché per la loro produzione utilizzano in minima parte plastica riciclata, altre ancora perché piantano alberi in Africa, continuando però a immettere tanta plastica nei mercati avanzati.

La Commissione europea, insieme alle associazioni dei consumatori attive nel Vecchio Continente, ogni anno conduce uno studio il cui obiettivo è individuare eventuali abusi comunicativi che violino il diritto dei consumatori dell'Ue e quest'anno l'indagine si è concentrata proprio sul greenwashing e ha controllato i siti web di un campione rappresentativo di aziende per valutare le dimensioni di questo fenomeno a livello continentale. L'indagine, definita "sweep", ha analizzato le affermazioni delle aziende, sui propri siti web, a sostegno delle attività green. Sono stati selezionati diversi settori commerciali – tra i quali abbigliamento, cosmetica ed elettrodomestici – e il giudizio su circa la metà dei siti analizzati non è stato positivo. «Non è corretto – ha detto il commissario alla giustizia Didier Reynders approfittarsi del desiderio dei cittadini europei di avere una vita sana e sostenibile e applaudo le aziende che si sforzano di produrre prodotti o servizi ecologici. Tuttavia, ci sono anche aziende senza scrupoli che ingannano i consumatori con affermazioni vaghe, false o esagerate».

Dallo screening effettuato su 344 siti web è emerso che:

  • più del 50% non ha fornito informazioni sufficienti per permettere ai consumatori di giudicare l'accuratezza delle sue affermazioni;
  • nel 37% dei casi le affermazioni pubblicate erano vaghe e generiche come "consapevole", "eco-friendly", "sostenibile" e miravano soprattutto a trasmettere ai consumatori l'impressione, non comprovata, che un prodotto non avesse alcun impatto negativo sull'ambiente;
  • nel 59% dei casi l'azienda non ha fornito prove facilmente accessibili per sostenere la sua affermazione.

Complessivamente, il 42% delle aziende analizzate ha pubblicato online dichiarazioni false o ingannevoli che secondo la direttiva sulle pratiche commerciali sleali (Ucpd) potenzialmente danno luogo a una pratica commerciale sleale.

Per difendersi dal greenwashing, il cittadino dovrebbe innanzitutto informarsi in modo più approfondito, mettendo in discussione le affermazioni che i brand effettuano in chiave marketing. Per farlo, è importante leggere varie fonti e controllarne l'attendibilità, così come fidarsi dei dati e non delle sensazioni personali e degli impulsi emotivi. E fitness club, centri sportivi e piscine, i cui servizi sono legati a doppio filo alla salute e al benessere a tutto tondo, non possono ignorare la questione ambientale e tantomeno commettere l'errore di attuare il greenwashing.
 

 

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