Emergenza Coronavirus: le gravi perdite mettono a rischio il settore fitness

Centro fitness
Autore: 
Redazione
Domenica, Aprile 26, 2020
IFO (International Fitness Observatory) ha condotto, in collaborazione con Egeria, uno studio che stima i gravissimi danni economici arrecati ai club dalla chiusura e raccoglie la richiesta di aiuto degli operatori.

La prolungata chiusura dei fitness club italiani imposta dal Governo nell'ambito delle misure adottate per contenere la pandemia Coronavirus ha provocato, com'era inevitabile che fosse, danni economici gravissimi. Danni che IFO (International Fitness Observatory), in collaborazione con Egeria, ha recentemente stimato tramite un apposito studio, dal quale emerge che le circa 6.700 palestre italiane – frequentate da 5,5 milioni di iscritti e in grado di generare un giro d'affari annuale superiore ai 2,3 miliardi di euro – nel solo periodo febbraio-marzo hanno registrato un mancato incasso stimato intorno all’80-90% di quello solitamente registrato prima dell'emergenza. Se la chiusura dovesse protrarsi e raggiungere i 5 mesi, il mancato incasso potrebbe superare 1 miliardo di mancati incassi.

Per quanto concerne la capacità economica necessaria per resistere, il 22% del campione sondato ha dichiarato di avere autonomia per 1 mese, il 61%, di non potere resistere più di 2 mesi. Se la chiusura supererà i 4 mesi, rischia di chiudere oltre l’82%.

Come noto, la stragrande maggioranza degli operatori ha continuato a rivolgersi ai propri clienti tramite il web: il 71% propone sessioni d'allenamento in streaming, il 40% corsi video-registrati. E in vista della tanto attesa riapertura, il 42% ha già previsto un'accurata sanificazione di tutti gli ambienti della struttura.

L’83% degli operatori interpellati ha definito “insufficienti” le misure adottate a sostegno del settore e ha suggerito, tra i provvedimenti più importanti, la sospensione delle incombenze fiscali e delle bollette (77%), forme di finanziamento a fondo perduto (72%) e agevolazioni e forme di indennizzo per un danno subìto per cause di forza maggiore (65%).

Lo studio ricorda inoltre che in Italia il settore è prevalentemente composto da piccole imprese: solo il 12% dei centri fitness appartiene a una catena e meno del 3% a un franchising. Uno scenario dominato dal modello gestionale della conduzione familiare, all'interno del quale il proprietario svolge spesso tutte le mansioni richieste dal funzionamento del suo centro. Il 27% dei club non ha una reception e quasi il 60% non ha né un consulente alla vendita né un addetto all'amministrazione. L'82% impiega tra 1 e 5 istruttori e solo il 6% più di 10. Oltre l’86% dei club intervistati ha dichiarato di spendere meno di 30mila euro al mese per il personale.

«I risultati di questa ricerca – ha detto Paolo Menconi, presidente di IFO – indicano che l’industria del fitness è in un momento difficilissimo e va protetto con interventi strutturali seri e concreti. Abbiamo bisogno di rimetterci in piedi e continuare a guardare al futuro».

 

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