Il British Journal of Sports Medicine ha recentemente pubblicato i risultati emersi da una ricerca condotta all’Università di Camberra che ha classificato le discipline maggiormente benefiche per la salute mentale degli u

Fare ginnastica in acqua potenzia gli effetti della terapia riabilitativa per chi ha difficoltà motorie in seguito a un colpo apoplettico. Sono questi i risultati evidenziati da una serie di studi scientifici promossi dall'Nspf, la National Swimming Pool Foundation, l’organizzazione statunitense non profit che da anni opera per elaborare e promuovere pratiche positive per gli operatori del settore piscine e aquatics. Chi ha subito un ictus, spiegano infatti i ricercatori, ha generalmente difficoltà a muovere un lato del corpo: la ginnastica in acqua, tuttavia, aiuta a recuperare l'equilibrio, la forza e la tonicità muscolare, con significativi benefici anche dal punto di vista cardiovascolare.
Tra i dati scientifici a sostegno di questa scoperta c'è lo studio condotto dal team dell’Università Kagoshima City, in Giappone, guidato dal professor Shuji Matsumoto del dipartimento di Medicina Riabilitativa dell’Università Kagoshima. L'indagine, pubblicata quest'anno sul Journal of Alternative and Complementary Medicine, ha analizzato due campioni di pazienti soggetti a ictus, per verificare i benefici di una terapia motoria dentro e fuori dall'acqua. Il campione di partecipanti, quindi, è stato diviso in due gruppi: al primo è stata assegnato un trattamento convenzionale, 'a terra', mentre al secondo è stato richiesto anche di fare attività fisica in piscina. “Confrontando i progressi maturati dai pazienti”, spiegano i ricercatori, “i benefici più significativi, in termini di recupero della funzionalità motoria, sono stati maturati da chi ha unito, alla terapia classica, l'attività fisica in acqua. Benefici che si sono tradotti anche in un miglioramento della qualità della vita”.
Risultati simili sono stati ottenuti da una laureanda in Fisioterapia della Florida Gulf Coast University di Fort Meyer, in Florida, Katey Duffy, che ha esaminato alcuni pazienti con lesioni del midollo spinale oppure vittime di ictus, la cui capacità di camminare era stata compromessa da una forma più o meno grave di paralisi agli arti inferiori. Ai pazienti, riporta lo studio, pubblicato sul sito del Campus americano, è stato chiesto di svolgere esercizi riabilitativi su un tapis roulant subacqueo, e i maggiori progressi sono stati riscontrati proprio nelle vittime di un colpo apoplettico.
“Le persone che hanno subito un ictus - racconta Jackie Nagle Zera, assistente docente presso il Dipartimento di Scienze Motorie della John Carroll University, in Ohio, intervistata dal portale online Aquatics International – presentano generalmente difficoltà motorie in termini di mobilità in un lato del corpo. Il fattore galleggiamento determinato dall’acqua, tuttavia, permette loro di fare riabilitazione in un contesto molto più comodo, riducendo sensibilmente il rischio che cadano, e quindi che si infortunino”.
Inoltre, quando il corpo svolge attività fisica in immersione, spiega Zera, la pressione idrostatica aumenta, il che agevola la circolazione del sangue da e verso il cuore. “Questo meccanismo, a sua volta, riduce la quantità di stress e lo sforzo richiesto dall’organo muscolare per portare a termine il training, il che consente ai pazienti di godere dei benefici derivanti dallo sport senza rischiare complicazioni cardiovascolari”. Ed è per questa ragione che fare ginnastica in acqua, sottolinea l'assistente docente americano, “fa bene a tutti, a prescindere dalle patologie affrontate in passato”.
Anzi, in futuro una serie ben precisa di esercizi da svolgere in piscina potrebbe far parte di un percorso clinico riabilitativo, o rivolto alla prevenzione. Secondo il Cdc, il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie con sede ad Atlanta, in Georgia, infatti, solo negli Stati Uniti i colpiti da ictus ogni anno sono circa 795 mila, con una spesa a carico dello Stato pari a 34 miliardi di dollari, e applicare i risultati di queste ricerche potrebbe essere di grande beneficio: individuare metodi alternativi per la riabilitazione, infatti, contribuirebbe ad assistere una percentuale più elevata di popolazione, e sviluppare buone pratiche in termini di prevenzione potrebbe in futuro ridurre il numero dei pazienti.
